sabato, Dicembre 21, 2024
RecensioniBaghead: l'horror mumblecore

Baghead: l’horror mumblecore

Nel quarto episodio del nostro podcast The Neon Picture Show dovevamo parlare di film collegati alla parola “sacco”. Ho deciso quindi di parlare di Baghead il film del 2008 disponibile al momento su Mubi. Si tratta di un film mumblecore diretto da Mark e Jay Duplass che vede tra i quattro protagonisti anche una giovane Greta Gerwig.

Baghead: l’horror mumblecore… Ma cos’è il mumblecore?

Inizierei citando una recensione di un giornalista che ha visto il film al Los Angeles Film Festival. Dice, “il mumblecore debutta con il suo primo film horror grazie a questa opera indipendente”. Ma un passo per volta, cos’è il mumblecore?

Si tratta di un sottogenere caratterizzato da recitazione spontanea e spesso improvvisata, budget bassissimo e una particolare attenzione alle relazioni personali tra giovani adulti. Mi sento un po’ rappresentato da questo genere perché, in parole povere si tratta di una parola per descrivere le opere di quei filmmaker trentenni che fanno film con gli amici e con due spiccioli. Però non li fanno male. Certo, se uno è abituato a guardarsi le super-produzioni di Netflix, smette di guardare dopo 3 minuti di film. Però consiglio di dare una possibilità.

Tornando alla definizione di mumblecore, la parola viene usata per la prima volta da un montatore del suono a cui venne chiesto cosa avessero in comune i film proiettati al South by Southwest Film Festival e lui disse che tutti i personaggi borbottavano (mumble, in inglese, per l’appunto).

Baghead (2008)

Relazioni complicate e un assassino con un sacco in testa.

Tornando a Baghead, devo dissentire dal mio più onorevole collega circa il fatto che si tratti del primo film horror mumblecore (se vogliamo scendere ancora di più nei sottogeneri, in molti usano il termine mumbleGore per definire gli horror mumblecore). Infatti il genere inizia a diffondersi già dai primi anni 2000.

Però potremmo dire che Baghead sia molto più incentrato sulle relazioni umane che sull’orrore. Il film infatti parla di un gruppo di quattro attori/registi trentenni che ispirati dalla visione di un film low-budget a un festival, decidono di rinchiudersi in una casa in un bosco e di approfittare dell’isolamento per scrivere il loro film. Non appena arrivati, le relazioni interpersonali cominciano a complicarsi. Citando Annalisa “ho visto lei che bacia lui che bacia lei che bacia me”. Insomma, senza entrare troppo nel dettaglio, i due bellocci cominciano a flirtare, mentre lo sfigatello ma simpatico di turno viene friendzonato e la ex un po’ folle progetta la sua vendetta. A tutto questo si sommano le apparizioni di un personaggio inquietante con un sacchetto in testa e le successive sparizioni di alcune persone del gruppo.

Banale, sì, ma non troppo.

Non voglio entrare troppo nel dettaglio della trama e soprattutto del finale, piuttosto interessante. Però vorrei approfondire un po’ le caratteristiche dei personaggi che sono sì stereotipati, ma che per questo hanno due funzioni: trasmettere quel senso di tranquillità e di prevedibilità nello spettatore; e ricordarci, in maniera edulcorata, persone che conosciamo, magari proprio nel nostro gruppo di amici.

Insomma, nel gruppo c’è il leader belloccio con ambizioni registiche. La sua ex, bellissima, molto curata ma matta in culo. L’amico bruttino, un po’ sfigato ma simpatico. La ragazza figa, ma acqua e sapone e apparentemente ingenua, che chiaramente fa credere allo sfigato che ci sia trippa per gatti, ma che poi finisce per bombarsi il belloccio.

Vi lascio un piccolo momento di riflessione per ritrovare questi archetipi nel vostro gruppo di amici.

La naturalezza dello stile, comunque, unita a una buona dose di improvvisazione,  confeziona alcune scene davvero molto credibili, tipo quella dove la ragazza acqua e sapone dice al povero illuso che “lo ama come un fratello”. Quindi, nonostante la banalità delle situazioni e dei personaggi, forse complice la bravura degli attori, il film è in grado di regalarci dei momenti davvero interessanti. O forse semplicemente il tizio stava venendo friendzonato sul serio e io mi sono illuso che fosse una buona interpretazione.

Baghead (2008)

Conclusioni

In conclusione ti consiglio di dare un’occhiata a Baghead anche soltanto per passare una serata leggera e senza troppe pretese. Il film scorre piacevolmente, lo scarsissimo budget non rappresenta un grosso ostacolo alla visione (sempre con la dovuta premessa, che se sei una persona che guarda solo super-produzioni Netflix, allora questo film non fa per te).

Vorrei poter dire altro anche sul mumblecore, ma l’unico altro film che ho visto del genere è Cold Weather di Aaron Katz e non mi è piaciuto per niente. Quindi a oggi non lo inserirei tra i miei generi prediletti, diciamo, ma sono pronto a ricredermi.

Nel podcast parlo anche di una serie che ha a che fare (più o meno) con un sacco, oltre ad altri interessanti argomenti affrontati dai miei partners in crime Agua, Matilde e Andrea. Quindi non perderti l’ultimo episodio disponibile da oggi su Spotify!

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