mercoledì, Marzo 12, 2025
RecensioniStrade perdute

Strade perdute

Immaginate di telefonare a casa vostra e sentir rispondere al telefono fisso un uomo che, in quel momento, sta proprio lì davanti a voi. Poi immaginate di rispondere al citofono e sentire, dall’altro lato, la vostra stessa voce. Oppure, ancora, immaginate di svegliarvi una mattina e scoprire di essere un’altra persona: un nuovo volto, un nuovo nome, nuovi ricordi. La stessa vita, eppure una vita diversa. Questo è Strade Perdute, un film in cui nulla è stabile. Tantomeno l’identità.

There’s no place like home

Fin dal titolo, il film parla di smarrimento. Lost Highway: “lost” non significa solo “perduto”, ma anche spaesato, disorientato. E “highway” non è una strada qualsiasi: è la via principale. Lost Highway è quindi perdere la strada maestra, è il crollo delle certezze.

Questo è infatti il cuore della poetica di Lynch: il perdersi, il non riconoscersi, la ricerca della strada di casa. Lynch riprende questo tema quasi in ogni sua opera, ispirandosi a una delle sue più grandi ossessioni, il film che ha segnato la sua vita: Il Mago di Oz. Nel classico del 1939, Dorothy è una ragazzina del Kansas che viene trasportata da un tornado nel magico regno di Oz. Per tornare a casa, deve seguire la strada di mattoni gialli fino alla Città di Smeraldo, dove il Mago di Oz potrà aiutarla. Lungo il percorso, incontra strambi compagni di viaggio – uno spaventapasseri senza cervello, un uomo di latta senza cuore e un leone senza coraggio – che la accompagnano in un viaggio di crescita e scoperta. È lì che Dorothy capisce: There’s no place like home.

I personaggi di Lynch percorrono anche loro delle strade – non più di mattoni gialli ma di asfalto scuro, cemento screpolato, terra polverosa- sempre cercando di trovare o ritrovare il proprio posto nel mondo. Il fulcro del film lynchiano è la ricerca della casa; quella vera, quella esteriore e interiore, la casa che abbiamo dentro e quella che ci costruiamo attorno.

Strade Perduto - Sequenza di apertura

Strade Perdute come crocevia

Strade perdute è un’opera strana e fondamentale nella filmografia lynchiana: meno iconica di altre pellicole, ma il punto d’incontro tra le atmosfere neo-noir del film di undici anni prima Blue Velvet (Velluto Blu) e il successivo, il celebre thriller dell’identità Mulholland Drive – forse il film più famoso di Lynch – passando per i doppelgänger di Twin Peaks. Il culmine di queste riflessioni sull’identità sarà il suo ultimo film, Inland Empire, del 2006. In questo senso, Strade Perdute è un crocevia delle opere di Lynch.

Lynch, che di solito non ama descrivere i suoi film, ha definito Strade Perdute una “fuga psicogena”, un termine molto preciso della psichiatria che indica una dissociazione dell’identità, uno sdoppiamento della percezione di sé. Strade perdute non si limita a raccontare un’identità che si sfalda, ma la fa vivere allo spettatore. E in questo, la musica gioca un ruolo essenziale. Questo è vero in tutti i suoi film, ma qui la colonna sonora è tra le più memorabili ed efficaci del suo cinema. Ci sono David Bowie, i Nine Inch Nails, Marilyn Manson, i Rammstein, gli Smashing Pumpkins. Suoni metallici, chitarre distorte, atmosfere elettroniche e inquietanti che si fondono con l’architettura visiva del film. La musica non è solo un accompagnamento: è parte integrante del racconto, un ulteriore strato di alterazione della realtà che ci guida nell’oscurità.

It’s the Angel Man

Parlando di David Bowie, la sua I’m Deranged apre e chiude il film, incorniciandolo perfettamente come in un loop. Questo brano fa parte di Outside, uno degli album più alieni, disturbanti e incompresi di Bowie, un concept album che segue un detective che indaga sulla morte atroce di una ragazzina. Bowie è insieme narratore esterno e punto di vista interno, cantante e serial killer.

“And the rain sets in
It’s the Angel Man
I’m deranged”

Il testo di I’m Deranged nasce dall’incontro di Bowie con un uomo internato in una clinica psichiatrica vicino Vienna. Questo individuo, noto come Angel Man, raccontava di aver vissuto una trasformazione improvvisa: «Ero esattamente quello che ero fino al 5 febbraio 1948, poi il 6 febbraio, subito dopo pranzo, sono diventato un angelo». Questa idea di un’identità che improvvisamente si spezza e rinasce in qualcosa di totalmente nuovo è il cuore pulsante di Strade Perdute.

La strada di casa

Un consiglio: lasciatevi trasportare. Lynch diceva: “Anche nella vita ci sono cose incomprensibili, e la gente lo accetta. Ma quando le vede in un film, si preoccupa.” Quindi, non preoccupatevi. Seguite la strada, anche se non sapete dove porta. Prima o poi, arriverete a casa.

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