giovedì, Aprile 24, 2025
RecensioniThe Eggregores' Theory: intelligenza artificiale ai David

The Eggregores’ Theory: intelligenza artificiale ai David

Il cortometraggio sperimentale di Andrea Gatopoulos finisce nella cinquina di corti nominati ai David di Donatello: è una rivoluzione?

Non capitano spesso occasioni del genere, ma in questa edizione del Lucid Dream Festival abbiamo avuto il piacere di proiettare The Eggregores’ Theory di Andrea Gatopoulos, un corto che ha aperto la Settimana Internazionale della Critica di Venezia e che è stato recentemente nominato ai David di Donatello.

Il regista: Andrea Gatopoulos

Il giovane regista di questo film sperimentale ha già sulle spalle una carriera molto interessante: le sue opere sono state proiettate in più di 150 festival in tutto il mondo, tra cui Cannes e Locarno. Basta farsi un giro sul suo sito per comprendere subito il suo forte legame con la tecnologia e di come questa influenzi gran parte della sua produzione.

Di particolare interesse sono il suo documentario A stranger quest, in cui segue in un viaggio on the road un collezionista di mappe storiche, e il suo Nouvelle bug, una residenza artistica dedicata alla sperimentazione cinematografica digitale: quaranta filmmaker provenienti da tutto il mondo si riuniscono per dieci giorni per esplorare le frontiere del cinema del futuro.

Il lavoro che sicuramente gli ha dato maggior risonanza mediatica è però il cortometraggio The Eggregores’ Theory, di cui si sta discutendo ancora molto perché realizzato quasi totalmente con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

The Eggregores’ Theory, un cortometraggio realizzato con l’AI

Nella città di Lublich, le persone cominciano a morire in maniera misteriosa. Si scopre che alcune parole sono diventate velenose, uccidendo chi le ascolta, scrive o pronuncia. La teoria è che si tratti di parole e idee alle quali la società dedica troppa attenzione, trasformandole in eggregore, forme-pensiero. Le persone smettono quindi di parlarsi, si bruciano i libri e una macchina inventa un nuovo linguaggio, diverso da ogni lingua esistente.

Questa è la cornice in cui si svolge la storia del cortometraggio di Andrea Gatopoulos; un film raccontato per fotografie, immagini statiche che si susseguono accompagnate da una voce narrante. Queste immagini sono state interamente create con intelligenza artificiale, come spiega il regista: «ho cercato di immaginare la storia come se fosse stata estratta da un archivio pre-censura, già masticato e distorto da una macchina. Ho usato un bianco e nero generato artificialmente, un mondo inquietante e un alfabeto sconosciuto, creato combinando glitch tipografici prodotti dall’IA. Le immagini sono state generate utilizzando vecchie intelligenze artificiali ed editate una ad una per creare coerenza».

The Eggregores' Theory

Una critica al sistema capitalistico

Dietro la storia distopica, si nasconde una forte critica al sistema in cui viviamo. Quello che appare come una realtà alternativa fantascientifica, in realtà, non è altro che una descrizione simbolica della società in cui già viviamo; società contaminata da quelle che il regista definisce come “nuove forme di dittature emotive”.

Il linguaggio (e la sua manipolazione) rappresenta infatti uno dei più grandi strumenti di controllo e in mano ai paesi occidentali: basta guardare come la politica si fermi a bisticciare sulle parole; e queste liti si spostano poi in TV, sui social e, per finire, nelle discussioni quotidiane. Queste lotte, ci prosciugano le energie e ci rendono più aggressivi e diffidenti. «Inoltre», continua il regista. «la sicurezza e la salute sono diventate i capri espiatori più comuni per instaurare sistemi di paura, obbedienza e giustificazione delle atrocità».

Intelligenza artificiale sì o no?

Nonostante le tematiche universali, il film è molto divisivo e forse proprio così raggiunge il suo scopo. Sono molte le polemiche suscitate dalla sua candidatura come miglior cortometraggio ai David di Donatello. E nel nostro piccolo, anche al Lucid Dream Festival, è stato al centro di discussioni al termine delle proiezioni.

Il cortometraggio ha vinto la categoria dedicata all’intelligenza artificiale. Elena Marcheschi, professoressa di Cinema all’Università di Pisa, ha definito il lavoro «compatto e coerente che bilancia ottimamente la potenza della scrittura con quella delle immagini, componendo un film fotografico in cui spazio e tempo sono sospesi in un tempo indefinito, ma che ci appartiene nelle sue fobie, nel suo vuoto e con le sue catastrofi, collettive e personali».

Tra i presenti in sala, in molti hanno paragonato il cortometraggio al celebre La jetée di Chris Marker e le similitudini sono, in effetti, molte: lo stile fotografico, il bianco e nero, la voce narrante, la storia catastrofica, la figura femminile centrale. Alcuni però non hanno apprezzato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in The Eggregores’ Theory, reputandola una soluzione pigra e poco creativa.

Nonostante tutti i dubbi che ancora nutro nei confronti dell’intelligenza artificiale applicata al cinema, mi chiedo: non è che l’importanza sperimentale de La Jetée nel 1962, nel pieno dell’ondata travolgente delle Nouvelle Vague, possa in qualche modo essere paragonabile all’importanza sperimentale di The Eggregores’ Theory? Credo che solo il tempo saprà darci una risposta.

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