Continuiamo con le recensioni dei cortometraggi in concorso al Lucid Dream Festival 2023, questa volta con la categoria Animazione. Una categoria mista, che include sia filmmaker provenienti dall’Italia sia filmmaker internazionali. Una delle categorie più varie come tematiche, storie e stile. Tutti i cortometraggi ruotano attorno al tema del fantastico, ma ogni artista ne ha fornito la propria emozionante declinazione.
Partiamo!
Lucid Dream Festival 2023: le recensioni dei cortometraggi d’animazione
A Familiar Face di Lara Parizek
Un trip allucinato animato da Lara Parizek, poliedrica regista statunitense. La protagonista del cortometraggio d’animazione è alla ricerca di un supporto terapeutico per la sua ansia. Con l’arrivo del suo “therapy pig”, inizia un viaggio in cui dovrà scontrarsi con i mostri generati dalla sua ansia. Lo stile surreale, colorato e ironico della regista si riconosce dai primi frame, dalle inquadrature grandangolari che distorcono le linee e fanno sembrare la protagonista minuscola e impotente. Il corto è un progetto di diploma realizzato presso il Pratt Institute di New York ma, come nel caso di molti altri student-project proiettati al Lucid Dream Festival, la maturità narrativa è tale da rendere il progetto “scolastico” soltanto sulla carta.
Clinical Lycanthropy di Emilio Giacomelli, Francesco Pesiri
Un corto che affronta l’argomento delle malattie psichiatriche, raccontando la difficoltà dell’aiutare e del farsi aiutare. La protagonista, Ava, vive in un mondo che le sembra abitato da orsi feroci in cui lei è invece un piccolo pesce rosso. Quegli orsi, però, sono le stesse persone che la amano e che vorrebbero aiutarla a non affogare nel peso del suo dolore, peccato che lei li veda come una minaccia da cui scappare.
Lo sguardo distorto di Ava rappresentato attraverso bellissimi disegni di una città grigia e di animali fuori dal comune, è quello di chi non vede una via di uscita e fugge da chi spera di poter essere d’aiuto. Emilio Giacomelli e Francesco Pesiri, però, fanno una cosa molto bella: con i loro pesci rossi raccontano il suicidio senza giudicare né l’atto, né colei che lo compie. Ci mostrano la liberazione di Ava attraverso una nuotata nel cielo.
Eat The Rich di Niven Wilson
Le illustrazioni animate di Niven Wilson sono perfette per raccontare i crimini del capitalismo. Una storia narrata in versi da un narratore che è anche il nostro punto di vista sulla casa dorata abitata dalle figure inquietanti che rappresentano i complici della dea denaro. Gemelli siamesi dai denti frantumati, uomini insetto, volti mascherati e una longilinea figura bianca dalla bocca feroce che porta il nome di Capitalista.
Il banchetto a cui veniamo invitati, in questa visione in prima persona, è un momento angosciante in cui tutto crolla di fronte al Successo monetario, l’ospite del banchetto, la cui pancia gravida minaccia l’incombente distruzione.
Quando il cibo finisce e i servi del capitalismo cominciano ad auto divorarsi, l’avviso iniziale riecheggia nelle nostre orecchie: you are what you eat.
Ecce di Margherita Premuroso
Ecce di Margherita Premuroso è il vincitore della categoria Animazione. Un corto che racconta la condizione di una donna incastrata in una ripetizione continua delle stesse azioni e degli stessi compiti, che è poi la condizione di tutte le donne che la circondano.
In un condominio che ricorda più una prigione, la protagonista comincia la sua giornata fumando una sigaretta, guardandosi allo specchio e poi indossando una maschera per comporre, insieme alle sue vicine, una sinistra melodia attraverso i fili stendipanni. Una canzone comune che ci aliena da un contesto che prima sembrava essere così familiare, quello di una casa e della quotidianità di una persona. La maschera che depersonalizza e rende uguali tutte le inquiline a ricordare che il destino di una è quello di tutte.
Quella di Margherita Premuroso è un’animazione in continuo divenire, realizzata con fogli di carta e matita eppure così realistica a tratti da rimanerne incantati. Il contrasto tra questa capacità di Premuroso di costruire ambienti e personaggi verosimili e l’assurdità dell’atto del concerto è quello che ci fa vivere questo corto con un profondo senso di angoscia. Perché forse in quel girone, in realtà, ci siamo tutte.
EVIA di Nicola Rota
EVIA è un brevissimo corto d’animazione italiano, diretto da Nicola Rota. Realizzato con un interessante lavoro di motion capture e dettagliati scenari in CGI. Il corto getta le fondamenta per un universo futuro post-apocalittico, molto plausibile. Ciò che rimane dopo la visione, oltre alla riflessione sul presente, è proprio il desiderio di scoprire di più su EVIA, approfondire le leggi che dominano un mondo non troppo lontano dal nostro. Interessante quanto la visione del piccolo cortometraggio è il making of, disponibile sul canale YouTube del regista. (Ah, e non perderti lo stratosferico sito internet del progetto!)
Experience the World – The Train di Duro Howard Jr.
In pieno metodo Headspace, cioè una voce narrante delicata, modulata apposta per farti rilassare, Duro Howard racconta con ironica nostalgia, direttamente dai tempi della pandemia, l’odioso momento del quotidiano viaggio in treno. Ci mancava tanto quando eravamo chiusi in casa, vero? Brad Pike, scrittore e narratore, ci tiene a ricordarci con la sua voce melliflua com’era prendere il treno.
Attraverso un disegno semplice e macchie di colore The Train racconta, appunto, l’assurdità di un viaggio in treno verso casa, tra personaggi improbabili e treni fantasma in cui il tempo scorre diversamente. Un’esperienza che la maggior parte di noi conoscerà e che non credo abbia mai visto così ben rappresentata, condita con quel tocco di follia che la rende perfettamente realistica.
Going Well.. di HyeJeong Lee
La perfetta rappresentazione del peso della deadline su chi procrastina e forse non solo. HyeJeong Lee riesce, attraverso la sua ironia e i disegni che per noi profani occidentali attivano ricordi di infanzie passate davanti alla tv, ad esprimere l’ansia opprimente di un personaggio esaurito dalla scadenza imminente, per il quale la scrittura e il capo sono diventati dei veri e propri incubi. È chiaramente una sensazione che tutti conosciamo e che HyeJeong Lee ci fa rivivere con una narrazione divisa in brevi capitoli e con una conclusione inaspettata, sebbene sia il segreto desiderio di qualunque lavoratore sotto stress: l’omicidio del mostro finale-echm, capo.
How To Survive The Heatwave And Stay Human di Ronni Shalev, Alon Sharabi
Il duo creativo composto da Ronni Shalev e Alon Sharabi, ci trascina nelle roventi strade di Israele per raccontarci in maniera ironica il cambiamento climatico. Temperature artiche negli appartamenti, mentre fuori divampa l’ondata di calore: è il genere di comportamento irresponsabile da cui scaturisce tutta la struttura narrativa del cortometraggio. Il tema è affrontato in modo originale e con un ritmo incalzante (aiutato anche dalla fantastica colonna sonora di Marco Tomasin). I due registi riescono nell’ardua impresa di non scadere nel didascalico. Anzi, ci regalano un prodotto nuovo e “fresco” (be’, forse non è l’aggettivo più adatto), non solo per lo sviluppo della storia, ma anche per lo stile. Il corto ha ricevuto una menzione speciale e in Neon siamo tutti diventati dei fan!
Le Rendez-Vous des Arts di Walter Rastelli
Sicuramente uno dei più leggeri e rigeneranti corti in gara. Una passeggiata in un bosco dorato e brillante che diventa casa già dalla prima visione. Un luogo così familiare e al tempo stesso magico abbastanza da volerlo esplorare. La storia di Le Rendez-Vous des Arts è una storia semplice che ne spiega una lunga e tormentata, cioè quella della nascita del cinema, figlio non solo della fotografia, ma anche e soprattutto di tutte le altre arti che animano le vite degli uomini da secoli. Una piccola perla delicata il cui bagliore rimane impresso negli occhi che, con la sua morbida animazione e i dolci personaggi, racconta in modo romantico un processo troppe volte raccontato come arido e scientifico.
Night di Ahmad Saleh
Uno dei corti più toccanti proiettati al Lucid Dream Festival. Night di Ahmad Saleh ritrae la notte come l’unica magra consolazione in un paese devastato dalla guerra. La notte con il suo lungo mantello nero, è in grado di portare un po’ di riposo sui sopravvissuti e fargli dimenticare, anche solo per poche ore, la tragedia di cui sono i protagonisti.
Questo purtroppo non vale per una madre in cerca della propria figlia che non cede all’influsso benefico e soporifero della notte. Il cortometraggio, con la sua eleganza e delicatezza, non cerca di edulcorare il dramma della guerra, anzi, lo rende forse più potente. Un piccolo capolavoro dell’animazione mondiale.
Over and Under di Ruby Clarke
Brevissimo e con linee semplici, come se disegnato con una penna su un foglio di carta. Così Ruby Clarke ci racconta il suo desiderio di essere offline per almeno un istante. Godersi quello che c’è fuori dalla finestra, senza servirsi del filtro di uno schermo per apprezzarlo. Il cortometraggio è immediato, ma la riflessione che innesca, ti accompagnerà per diversi giorni.
Saint Android di Lukas von Berg
Rischiamo di essere un po’ ripetitivi, ma anche in questo caso, scoprire che Saint Android è un film accademico realizzato per la Filmakademie Baden-Württemberg, lascia senza parole. Inserite questo film in una playlist di grandi produzioni d’animazione e non noterete la differenza. La pellicola, diretta e animata da Lukas von Berg, esplora le fasi terminali della malattia e la morte, soffermandosi sui riti e sul lutto.
Il tema potrebbe risultare un po’ pesante, ma ti ricrederai dopo i primissimi minuti: infatti il regista racconta queste fasi in maniera ironica, in un futuro in cui anche il trapasso sarà assistito da robot. Una riflessione interessante, in questo periodo storico in cui l’intelligenza artificiale sta prendendo piede in ambienti in cui pensavamo non sarebbe mai arrivata. E cosa succederà quando inizierà anche a occuparsi di una cosa così umana come un rito religioso o il lutto?
Slouch di Michael Bohnenstingl
Ah, come si può riassumere la bellezza di Slouch in una recensione di poche parole? Di nuovo, si tratta di un film di diploma del giovane regista Michael Bohnenstingl, ma prendetelo assieme a Saint Android, mettetelo in una playlist di grandi produzioni d’animazione, fate vedere la playlist ai vostri amici e vediamo in quanti si renderanno conto che questo è un prodotto realizzato da uno studente. Vi rispondo io: nessuno.
Slouch è la divertente e struggente storia di un aspirante stella della musica che viene spinto dal suo demone-componi-canzoni a pescare nella sua depressione e nelle sue emozioni più cupe per trovare l’ispirazione per brani di successo. Da dove partire a elogiare questo cortometraggio? Dallo stile delle animazioni? Dalla colonna sonora che a fine proiezione canticchierai assieme al protagonista? Dalla storia che alla fine strapperebbe una lacrimuccia pure a un sasso? Slouch è il cortometraggio d’animazione perfetto e noi non vediamo l’ora di vedere altri lavori del regista.
The Best Ham Sandwich According to a Fish di Jessica Xu
Se non fosse già abbastanza assurda l’esistenza di sandwich con prosciutto e formaggio congelati, ecco che un pesce del reparto pescivendoli consiglia al protagonista quello che è, secondo lui, di fatto il miglior sandwich con prosciutto e formaggio che sia mai stato messo in vendita. Un prodotto ormai fuori produzione da andare a recuperare nel buio di una stanza sul retro la cui porta si apre su un luogo indefinito.
Jessica Xu realizza un breve, ma simpaticissimo corto che alla fine lascia più confusi di prima, in senso positivo. I disegni sono semplici e molto particolari, perfettamente adatti al non-sense di questa storia folle in cui tutto, poi, ha senso: persino un pesce col volto di un essere umano.
THE BLACK reCAT di Paolo Gaudio
Animazione stop motion ed Edgar Allan Poe per noi è indubbiamente un’accoppiata vincente. Paolo Gaudio ri-racconta la celebre storia scritta dall’autore americano accentuando l’elemento del grottesco attraverso la materialità dei suoi personaggi in plastilina.
Un corto e un racconto che portano con sé il tema del femminicidio, stemperando la drammaticità del fatto con la componente fantastica. THE BLACK reCAT funziona anche in questo: il film è ironico, molto piacevole alla visione, i personaggi adorabili (persino il gatto zombie) e veicola in maniera sottile la sua critica. Gaudio fa tutto questo attraverso un’animazione magistrale con un’incredibile attenzione ai dettagli. Un esempio? Il pomo di Adamo di Edgar che sale e scende mentre beve il suo assenzio, o la meravigliosa illuminazione delle piccole candele presenti nello scantinato.
THE SPRAYER di Farnoosh Abedi
Cortometraggio proveniente dall’Iran che ci ha stregato dai primi fotogrammi: il character design; gli scenari distrutti dalla guerra e drappeggiati di famigliari stendardi rossi; lo stile steampunk; il messaggio ambientalista. Insomma, tutto nell’opera di Farnoosh Abedi collabora alla creazione di una storia che non ha bisogno di parole per essere immediatamente chiara e coinvolgente. Il film, come la piantina sua protagonista, germoglia in una nazione difficile per i creativi e per l’industria cinematografica. Ci consideriamo davvero fortunati ad aver trovato questo germoglio e ci auguriamo che possa diventare un rigoglioso albero.
There is Nothing Nice Deep Within di Fiorella Spitzer
Il progetto accademico di Fiorella Spitzer, ci trascina nelle atmosfere simboliche di Miyazaki. La storia è semplice: una ragazza reprime i suoi sentimenti e questo innesca un viaggio verso il suo inconscio, dove dovrà fronteggiare le sue paure e liberarsi di questo fuoco che la consuma.
Un corto tenero e innocente, che, nella sua (apparente) semplicità, riesce nell’intento di emozionarci. Il grande successo festivaliero, ha portato il cortometraggio in tutto il mondo e siamo certi che in futuro sentiremo ancora parlare della giovane regista.
When You Wish Upon A Star di Domenico Modafferi
La tenera storia d’infanzia che serviva a farci accettare il processo doloroso della perdita di un dente si trasforma in un’inquietante avventura notturna. Il topino dei denti, tanto brutto da far tenerezza con le sue due arcate sporgenti, si muove quatto quatto per la casa dell’ennesimo bambino a cui fa visita in una notte così speciale. Il suo lavoro, però, è accompagnato da una domanda che ha un qualcosa di esistenziale: non mi faccio mai vedere, ma cosa accadrebbe se si accorgessero di me?
Un ottimo modo per esorcizzare i racconti che ci hanno perseguitati da piccoli, con un’animazione in stop motion estremamente fluida e potente. La scelta del bianco e nero, o meglio del grigio topo, profondissimo come il buio amico del protagonista attribuisce alla storia un senso romantico e di sospensione nel tempo, come se l’evento della scoperta di una creatura fantastica a colazione fosse universale e ripetuto. Lo stesso vale anche per il problema del topolino, che è quello non solo dei mostri sotto il letto, ma anche di quelli che ci dormono sopra: cosa accadrebbe se mi vedessero davvero?
Without End di Yuki Sun
Il cortometraggio di Yuki Sun è perfettamente in linea con il Lucid Dream Festival, sogni ricorrenti, palette di colori, contenuto surreale e ipnotico. Si tratta di un corto realizzato in tecnica mista, con elementi di motion graphic e animazione 2D e 3D. Racconta la storia di una ragazza intrappolata nei suoi sogni ricorrenti che cerca di fuggire, finendo sempre in profondità.
Il cortometraggio si contraddistingue dagli altri in concorso per lo stile molto particolare che usa in più occasioni split-screen, colori distorti e immagini caleidoscopiche. Il tutto risulta omogeneo e coeso alla narrazione: si tratta insomma di un lavoro intelligente e ben studiato, non di una semplice scelta estetica.
Yeah I’m good thanks di Hannah Lau-Walker
Un mini-cortometraggio di appena un minuto e mezzo. Minimalista non soltanto nella durata, ma anche nello stile narrativo. In una serie di messaggi mai inviati, la protagonista del corto espone la sua frustrazione per una vita ripetitiva, monotona, in cui ha la sensazione che il tempo le stia sfuggendo di mano. Un cortometraggio che in poco più di un minuto ha il potere di stimolare riflessioni esistenziali perché, in fondo, prima o poi (o forse proprio in questo momento) tutti ci siamo sentiti come la protagonista. E molti, forse, non hanno avuto modo di parlarne.
Your Bad Animals di Ido Shapira and Amit Cohen
Vecchia conoscenza del Lucid Dream Festival, Ido Shapira e Amit Cohen sono i vincitori dell’edizione pilota del 2018 del festival, con il bellissimo cortometraggio Hounds. Tornano quest’anno con il loro stile inconfondibile, raccontandoci una storia diversa, più intima. Rachel, è una topolina che vive con la madre depressa in una tana sottoterra. Inizia a frequentare animali pericolosi provenienti della città, iniziando così anche la sua scoperta sessuale e il graduale distacco con la madre.
Così come Hounds, anche Your Bad Animals è un cortometraggio stratificato, con molti sottotesti, che lascia spazio allo spettatore per l’interpretazione e per l’approfondimento. Ognuno di noi, è uscito dalla visione con sensazioni diverse, ognuno ha percepito varie sfumature. È il corto che ci ha fatto discutere di più. Non sulla sua qualità, ma sui suoi contenuti, sulla sua storia. Ed è proprio questo quello che ci aspettiamo da un grande film. Confidiamo di vedere un nuovo film di Shapira e Cohen alla prossima edizione!