sabato, Luglio 27, 2024
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Sorrentino al Torino Film Festival: “non sono interessato alla verità”

La sera del 2 dicembre, Paolo Sorrentino è stato ospite al Torino Film Festival, giunto alla sua quarantesima edizione. Il regista de La grande bellezza ha parlato del suo modo di fare cinema, con particolare attenzione dedicata ai suoi virtuosi monologhi.

Cos’ha detto Sorrentino al Torino Film Festival?

Durante la serata al Teatro Astra, Steve della Casa e David Grieco hanno intervistato il regista. Uno degli argomenti principali è stato il suo rapporto con i monologhi e, di conseguenza, con il teatro. Sorrentino ha infatti recentemente diretto per la Rai Sei pezzi facili, una collezione di sei monologhi scritti da Mattia Torre, sceneggiatore di Boris scomparso nel 2019.

A questo proposito, come riportato da il Corriere Torino, il regista ci ha tenuto a precisare che in teatro stava impazzendo. «Non ho mai pensato di fare teatro» ha detto, «mi piace di più il set e poi non lo saprei fare».

La sua necessità di scrivere monologhi non deriva, quindi, dal bisogno di esprimersi attraverso il linguaggio teatrale ma per il desiderio di fare letteratura. A quanto pare, tutti i suoi monologhi più celebri sono tratti da libri che il regista non è mai riuscito a finire di scrivere, abbandonandoli «a pagina nove».

Il monologo de Il Divo

I monologhi di Sorrentino si possono suddividere in tre macrocategorie: quello di Andreotti (interpretato da Toni Servillo) è un monologo interiore. Il regista spiega che «nasceva dall’esigenza legata all’indecifrabilità di Andreotti», e staccarsi dal personaggio era l’unico modo per esprimere un’opinione personale.

Il monologo è forse il più esplicitamente teatrale della sua filmografia. Non è un caso che sia interpretato da Servillo, la musa di Sorrentino, un attore proveniente dal teatro. Abbiamo parlato di lui anche nel nostro articolo dedicato ai migliori 10 attori italiani del cinema contemporaneo.

Il monologo de La grande bellezza

Toni Servillo in La Grande Bellezza (2013)
Toni Servillo in La Grande Bellezza (2013)

Il famoso monologo contro Stefania, potrebbe essere racchiuso nella categoria delle invettive. È proprio questa sua natura ad averlo reso forse uno dei monologhi più celebri. Il monologo rivela, senza filtri, le verità che Stefania non è in grado di accettare circa la propria vita e la propria carriera.

A questo proposito, Paolo Sorrentino al Torino Film Festival ha parlato del proprio rapporto con la verità: «lo spettatore cerca una verità dentro al film, io invece perseguo proprio l’obiettivo opposto. Cioè, non sono minimamente interessato alla verità».

Il monologo di Youth – La giovinezza

Michael Caine in Youth - La giovinezza (2015)
Michael Caine in Youth – La giovinezza (2015).

Se le prime due categorie di monologhi sono correlabili a Shakespeare (monologhi interiori) e a Molière (invettive), la terza categoria è più vicina a Cechov: si tratta di monologhi in cui il personaggio si rivolge a qualcuno che non parla.

È il caso del monologo di Michael Caine in Youth – La giovinezza di cui il regista ricorda la difficoltà durante le riprese. L’attore infatti, a detta di Sorrentino, attendeva quel momento moltissimo, «forse troppo. E sbagliò molto, arrabbiandosi con se stesso».

Nella stessa categoria cadono anche i monologhi de Le conseguenze dell’amore, sempre interpretato da Toni Servillo, che il regista definisce un fine intellettuale. Dice che l’attore gli spiega sempre tutto sul suo film e sul personaggio e trova dei significati anche nelle cose che scrive per divertimento, «che riutilizzo poi nelle conferenze stampa».

Sorrentino racconta che i però non parlano molto di recitazione, molto meno di quanto Servillo desidera. Il regista a quanto pare non ama parlare dei personaggi prima delle riprese e neanche provare, «tutto quello che succede prima del film, non è il film».

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